Coronavirus, mascherine: quali sono quelle che ci proteggono.
Tutte le mascherine sono monouso e quindi non hanno una scadenza: andrebbero indossate e poi gettate in contenitori chiusi!
Riportiamo un articolo del Corriere della Sera con un estratto di un documento del Ministero della Salute.
Per le persone sane le mascherine non sono indicate, ma in via volontaria , in una situazione come l’attuale dove il virus circola ampiamente e specie nelle zone rosse , utilizzare una mascherina chirurgica può difendere gli altri se siamo asintomatici e in qualche modo può proteggerci dal contatto con gli altri se non riusciamo a mantenere la distanza consigliata di 1 metro. Attenzione però, come si legge in un documento del ministero della Salute: «Le mascherine forniscono una protezione nei confronti della diffusione all’esterno bloccando le goccioline di secrezioni respiratorie emesse dalle persone malate che le indossano. Non sono fatte per proteggere chi le indossa nei confronti di aerosol fini che potrebbero contenere particelle infettanti di piccolissime dimensioni come i virus». Ovviamente possiamo dire che una barriera è meglio che nulla, ma allora per i sani vale anche una sciarpa.
Più efficace ancora, la distanza.
Ogni tipo di mascherina descritta sotto è monouso. Significa che le mascherine non scadono, perché vanno buttate subito dopo l’uso in contenitori chiusi.
Bisogna lavarsi le mani prima di indossarle, dopo averle tolte, e non bisogna toccarle nella parte a contatto con bocca e naso (anche esterna). La durata dell’uso dipende da quanta umidità si crea con la respirazione (e questo a sua volta dipende dai modelli).
I vari tipi:
Detto questo, quali sono i vari tipi di mascherine? Ci aiuta a nella materia Virginio Galimberti. Le mascherine si dividono in DPI “Dispositivi di Protezione Individuale” e DM “Dispositivi Medici” o “mascherine Medicali”. I DPI in commercio, di qualunque tipo o categoria essi siano, devono presentare la marcatura CE. Nel campo della protezione delle vie respiratorie ce ne sono circa una quarantina.
FFP2 e FFP3:
Nel caso specifico, il tipo di maschere filtranti richieste per evitare il contagio da Coronavirus (classificato come “rischio biologico”), sono regolate dalla norma europea UNI EN 149. Tale norma, a seconda dell’efficienza filtrante, classifica le maschere in FFP1, FFP2, FFP3, dove FF significa Semimaschera Filtrante. Le mascherine consigliate (a chi si deve proteggere dal virus, quindi medici e persone a contatto con malati) sono di classe FFP2 o, meglio, FFP3 che hanno una efficienza filtrante del 92% e 98% rispettivamente. Queste mascherine sono “sprecate” se utilizzate dalla persona infetta. E sono efficaci solo se indossate con precisa procedura, proprio per questo non sono consigliate a i bambini o persone con la barba od occhiali, a causa “dell’impossibilità di un perfetto adattamento ai contorni del viso. Le FFP1 con il 78% di efficienza sono insufficienti per proteggere dal virus, sono anche chiamate “antipolvere”.
Chirurgiche:
Le “mascherine Medicali” (cosiddette “chirurgiche”) svolgono una differente funzione rispetto al DPI. Esse hanno come caratteristica quella di non diffondere agenti biologici pericolosi, ovvero i virus, nell’atmosfera circostante. Queste mascherine, le cui caratteristiche e performance sono diverse da quelle delle citate FFP2 o FFP3 possono, quindi, evitare che il portatore diffonda il contagio, ma non proteggono lo stesso adeguatamente dal contagio di provenienza altrui soprattutto per la scarsa aderenza al volto. «La UNI EN 14683 prevede che esse possano anche essere indossate da pazienti infetti per ridurre il rischio di propagazione di infezione in situazione di epidemia o di pandemia. La norma individua tre tipi di mascherine, Type I, Type II e Type IIR, che si differenziano per efficacia di filtrazione batterica pari a 95% , 98% e 98% con anche protezione alla penetrazione di schizzi di fluidi corporei. Dopo l’utilizzo tali mascherine, essendo oggetti potenzialmente contaminati, esse devono essere immediatamente smaltite evitando di porre le stesse a contatto con altre parti del corpo che potrebbero divenire così anch’esse contaminate», spiega l’ingegnere Marco De Nardi, presidente della sottocommissione UNI “Dispositivi medici non attivi, dispositivi di trasfusione, valutazione biologica”.